Replying to Racconti Erotici: Il Figlio di Puttana

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  1. Posted 5/5/2009, 15:43

    Racconti Erotici: Il Figlio di Puttana


    “Che figlio di puttana!” lo sento urlare verso di me , attraverso il finestrino della macchina aperto.
    Beh, non ha tutti i torti .Uscendo dal centro commerciale ho colpito con lo spigolo del paraurti il sacchetto della spesa che tiene in mano, rompendolo : due litri di latte, un sacchetto di arance e quattro uova si sono spiaccicati per terra, tra le sue bestemmie e le risate soffocate dei presenti.
    Io , invece di fermarmi e chiedergli scusa, ho accelerato e me la sono svignata.
    Mi sarei incazzato anch’io.
    Il fatto è che quando qualcuno , per offendermi , mi apostrofa “figlio di puttana” , io non mi arrabbio mai.
    Perché è la verità: mia madre batte.
    Oh , mica sulla strada, intendiamoci. Roba fine , roba di classe , come direbbe qualcuno.
    Il lussuoso appartamento che occupiamo al terzo piano di un elegante condominio del centro ha tre camere : nella prima , la più piccola, vicina al bagno, dormo io. Nella seconda , grande , luminosa e con un elegante letto a baldacchino che odora di vaniglia , la sua essenza preferita , dorme ovviamente lei.
    La terza camera è quella che chiamiamo “la camera degli ospiti”.
    E’ la stanza più grande: ampi tendaggi celesti alle finestre , deliziosi dipinti bucolici alle pareti e ,al centro , un enorme letto di mogano , ovvero “l’ ufficio di mamma”.
    In questa camera ella riceve, nell’ ordine: distinti cinquantenni in giacca e cravatta ; ragazzotti brufolosi che in genere se ne vanno sudati dopo un quarto d’ora; vecchietti sdentati e tremolanti che invece normalmente se ne vanno allegri dopo un paio d’ore (mah ?) ; trentenni arrapati con calvizie incipiente ed occhiali da sole anche di sera ;ex militari in pensione ; militari benestanti in servizio effettivo ;studenti universitari che desiderano approfondire il tema dello “sfruttamento della donna nel ventunesimo secolo” , e per farlo si levano i calzoni (boh?); anonimi padri di famiglia con pancetta e pelata d’ordinanza ,occhiali scuri e cappello largo,che quando suonano alla porta si guardano attorno neanche fossero evasi .
    Questi tipi umani , assieme a qualche rara signora della V****a bene che a volte si avventura nel nostro appartamento , sono i clienti di mia madre.
    A proposito … mia madre…
    Mi sembra doveroso , prima di proseguire con questa storia , raccontarvi qualcosa di lei.
    A vederla non sembra proprio una puttana. E’ molto bella, certo, ma di una bellezza tranquillizzante ,consolatrice , da moglie devota ed affettuosa madre di famiglia.
    Forse è proprio questo che attira i tanti maschietti che vengono a trovarla.
    Una donna troppo appariscente , truccata a dismisura , abbigliata da vamp , ricorderebbe probabilmente loro con chi stanno e cosa stanno facendo. L’ esteriorità di mamma invece ,così dolce e mansueta , dà invece loro l’illusione di vivere un’ avventura con una donna “onesta” , che si concede per amore : avventura che forse non hanno mai avuto.
    Purtroppo mia madre Francesca non si concede , a loro , gratuitamente : il suo “amore” parte dai duecento euro a botta ,a seconda del tempo e degli extra. Quali siano poi questi extra non l’ ho mai capito bene, ma sicuramente la vostra immaginazione è più fervida della mia.

    Qualcuno , mi confidò una volta , è arrivato a sborsare anche mille euro per una sola notte con lei : e li vale tutti ,ve lo assicuro.
    Vedeste i suoi lunghi e lisci capelli corvini , che a volte raccoglie in un adorabile chignon ; i grandi occhi nocciola che vi fissano dolci mentre vi parla ; l’ ovale perfetto del volto , pallido e delicato ; il corpo minuto ed aggraziato che , seppur celato dagli abiti semplici ma eleganti che porta solitamente , lascia intravedere tutta la sua disarmante femminilità.
    I piccoli occhiali ovali dalla montatura di tartaruga , che inforca abitualmente per leggere , le danno quell’ aria in po’ austera che ricorda certe professoresse che forse qualcuno di voi ha incontrato al liceo , odiate mentre passeggiano in aula durante il compito in classe , ma amate
    nel chiuso delle toilettes.
    Normalmente riceve i suoi “conoscenti” mentre io sono in ufficio, a scartabellare qualche pratica: a volte mi soffermo inebetito davanti allo schermo del computer , immaginandola
    nuda ed avvinghiata a qualche maschio, nella camera dalle tende celesti , mentre sussurra parole di fuoco.
    Alcuni clienti particolarmente affezionati vengono accolti nella sua alcova anche in orari in cui non lavoro , se non possono fare altrimenti o se la bramosia per il corpo di mia madre si fa impellente:
    in queste occasioni la mia prima preoccupazione è quella di filarmela immediatamente.
    In una sola circostanza , che fu anche l’ ultima , mi trattenei in camera mia durante una delle sue visite : mi bastò.
    Eravamo in dicembre, un mercoledì pomeriggio , freddo e nebbioso come sanno esserlo certe giornate a V****a. Mia madre mi avvisò nel pomeriggio che, verso le venti, sarebbe venuto a trovarla l’ingegner M******i.
    - Mi dispiace tesorino ,- mi disse con un sorriso di scusa - lo so che oggi non lavori. Ma stasera deve
    venire l’ingegner M******i . Domani parte per la Svezia … starà via due mesi …vuole vedermi…
    -Ma mamma, - risposi sgarbatamente, -stasera c’è la partita , e non voglio andare al bar a vederla .
    E fa un freddo cane, cazzo!
    -Va’ da Paolo -, ribatté irritata, - devo lavorare . E’un cliente troppo buono , non posso perderlo e basta !
    Me ne andai paonazzo in volto , maledicendo in cuor mio mamma e tutti i puttanieri che la frequentavano.
    -Ah sì,- rimuginavo imbufalito, -la signora deve farsi sbattere dall’ ingegnere e il suo “bambino” fuori dai coglioni! Ma stavolta resto … non sono mica un pirla … me ne resto a casa a guardarla , la partita !
    E così feci. Fossi andato da Paolo, oppure al bar , raggomitolato tra zoticoni urlanti , nuvole di fumo e birre medie, sarebbe stato meglio.
    L’ ingegner M******i arrivò puntualissimo , come sempre. Immediatamente si diffuse per casa
    l’inconfondibile sentore del suo costoso dopobarba : un odore che odiavo , avvertendolo sulle lenzuola sporche che mia madre gettava nella cesta del bagno.
    Io mi rintanai in camera mia ; tivù , patatine e coca.
    La partita stava iniziando : l’H****s giocava in casa , ma non ero riuscito a procurarmi nemmeno un maledetto biglietto.
    Sentii i due piccioncini scambiarsi delle frasi di circostanza che non compresi , delle risatine soffocate, ed infine il rumore della porta della “camera degli ospiti” che si richiudeva.
    I ventidue miliardari in braghe corte dettero il calcio d’ inizio e , quasi contemporaneamente, lo dettero anche nell’ altra stanza.
    Cominciarono i gemiti , i mugugni , le frasi interrotte bruscamente , i gridolini , i grugniti animaleschi, le parole sussurrate : insomma , tutto il repertorio orchestrabile da una coppia in amore.
    Cercai di concentrarmi sulla partita , inutilmente.
    Gli occhi della mente vedevano solamente il corpo irsuto e molliccio dell’ ingegnere avvinghiato alle tiepide rotondità di mia madre. Sentivo i grugniti suini di lui e i sospiri di lei , le dolci parole che con voce arrochita dal piacere gli stava sussurrando. Immaginavo il ventre prominente dell’ uomo baciare il candido pube di lei , durante l’ amplesso ; le loro bocche incollate ; la verga insaziabile che penetrava nelle carni materne.
    Improvvisamente mamma iniziò a gridare tutto il suo piacere: urla animalesche , come di belva ferita , accompagnate da frasi incomprensibili e dalle parole volgari che lui le rivolgeva.
    Era troppo! Mi alzai bruscamente.
    Sognai … sì , sognai di buttar giù la porta con una spallata, di entrare in quella camera,di staccare quel porco sudato da lei , di batterlo finché non avessi veduto il sangue colare sul tappeto …e poi ...poi sognai…
    Uscii di casa sbattendo la porta , con una violenta erezione che mi bruciava la mente.


    *****


    Alcuni mesi più tardi Titty , la gattina di mia madre, morì.
    Tornai a casa , quella sera , immerso nei tenui profumi d’ inizio primavera.
    Salendo in ascensore mi osservai distrattamente allo specchio: l’immagine riflessa non mi dispiacque affatto .
    “Un bel ragazzetto”, pensai quasi vergognandomene, “non molto alto ma con un bel fisico tonico; palliduccio , sì, ma con un notevole paio di occhi celesti e una zazzera di folti capelli castani”.
    Quando le porte scorrevoli si aprirono, compresi immediatamente che qualcosa di grave doveva essere accaduto. Mia madre se ne stava appoggiata contro il portoncino d’ingresso , gli occhi arrossati di pianto e i bei capelli neri in disordine.
    -E’ morta…-, balbettò appena mi vide.
    Mi mancò il respiro. “Nonna Giulia”, pensai già inebetito dal dolore, “oppure zia Giovanna ,o Lucia, la sua migliore amica”.
    -E’ morta,- continuò mamma, iniziando a piangere. -Titty…è sgattaiolata fuori stamattina…un camion…-, concluse, scoppiando in singhiozzi incontrollati.
    L’accompagnai in casa dove , dopo un quarto d’ora di parole quasi incomprensibili frammiste al suo pianto , compresi quanto era successo.
    Titty, la gattina di casa, era uscita di soppiatto in mattinata, approfittando della porta lasciata socchiusa da mia madre mentre si accomiatava da un “conoscente”.
    Un’ ora più tardi , dopo averla cercata per tutto l’appartamento, si stava vestendo per scendere nel giardinetto sotto casa, dove sperava di trovarla . In quel momento suonò alla porta Antonella, la mia coetanea del piano di sotto, che cercò di addolcire col tono della voce quella che sapeva essere una terribile notizia per mia madre: Titty era morta , schiacciata da un camion di passaggio.
    La cara Antonella fu così sensibile da restare con mamma un paio d’ore , cercando di confortarla.
    Nel pomeriggio poi , con un atto di grande generosità, accompagnò l’affranta vicina da nonna Giulia, dove, in un piccolo giardino circondato da siepi di bosso, diedero degna sepoltura alla sfortunata gattina.
    La cena , quella sera, fu mesta.
    Mamma , gli occhi lucidi , pallida e affranta, singhiozzava piano , toccando appena il cibo che aveva davanti. Del resto il suo peluche,come lo chiamava lei , se n’era andato per sempre , e nulla poteva ormai sostituirlo.
    -Come farò la notte, senza la mia micetta, - balbettava mia madre, -se non me la stringo al petto non riesco ad addormentarmi…lo so…
    L’ occasione era irripetibile: mi tentava come il biglietto vincente della lotteria, che occhieggiando dal bancone del tabaccaio sussurra inavvertito a qualche ignaro cliente: “comprami ,comprami sciocco, sono io quello che ti cambierà la vita”.
    Azzardai.
    -Mamma, -le dissi balbettando timoroso, senza guardarla, -se vuoi… beh …ho pensato che se vuoi… se ti senti sola…beh ecco …sì…potrei farti io da Titty stanotte…del resto sei mia madre… se non ti sto vicino in questi momenti…
    Terminai la frase col cuore che si fermava, mentre un diffuso rossore mi invadeva il viso.
    “Il peggio è fatto”, mi dicevo speranzoso, “il coraggio l’ho trovato. Male che vada rifiuterà. Poi , una volta in camera, inventerò qualcosa…potrebbe essere più facile di quanto immagino…chissà”.
    Mamma mi fissò con espressione interrogativa , come se non avesse compreso il senso delle mie parole.
    -Mah…,- disse incerta, asciugandosi qualche lacrima, - non so se sia il caso…mi sentirei un’idiota a dovermi far consolare così , alla mia età, da un figlio di vent’anni…
    Il rifiuto non era netto, deciso. Sperai. Insistetti.
    -Solo per stanotte mamma,- dissi senza lasciarla terminare, -non ti preoccupare, lo faccio volentieri . E’ meglio così, credimi…è meglio se non resti da sola.
    Stette immersa nei propri pensieri per alcuni secondi. Poi, finalmente, con voce incerta mi sussurrò:
    -Beh , se insisti…ok…va bene amore…grazie,- e sorridendomi per la prima volta da che ero tornato a casa, mi schioccò un bacio sulla guancia.


    *****


    Entrai nella sua camera col cuore impazzito. Lo sentivo battere sordo e rapido nel petto mentre , richiudendo la porta, pensavo a cosa avrei ricordato di quella notte per il resto della mia vita.
    Poteva essere , se tutto fosse andato secondo i miei desideri più segreti, una notte memorabile.
    Ma poteva anche trasformarsi in un ricordo amaro; in un’irripetibile occasione mancata, che negli anni a venire avrei rammentato con rabbia.
    Mia madre , sdraiata sulle immacolate lenzuola dell’ampio letto, stava leggendo una rivista.
    La lunga vestaglia di raso nera, i capelli corvini raccolti in un sensuale chignon che lasciava scoperto il candido collo e i piccoli occhiali che usava per leggere le davano un’aria quasi bohemienne, che poteva ricordare le ballerine di Degas o le sofisticate dame ritratte da Toulouse-Lautrec.
    -Ciao amore,- mi salutò timidamente.
    Le sorrisi altrettanto timidamente, pavido nell’animo e incerto sulle mie prossime mosse.
    Per tutto il pomeriggio mi ero arrovellato il cervello, pensando a ciò che avrei detto sdraiato vicino a lei nel buio della camera; a come avrei tentato l’approccio.
    Ogni frase, ogni gesto, ogni tentativo possibile mi erano sembrati banali, volgari e per lei imperdonabili : mi avrebbe rispedito in camera mia con un ceffone , e sarei stato fortunato se conseguenze ben più gravi non avessero reso impossibile la nostra serena convivenza.
    Mi infilai rapidamente sotto le lenzuola e mia madre , posata la rivista e spenta la luce, mi seguì.
    Attesi. Nulla.
    Ce ne stavamo fianco a fianco nell’ oscurità, senza parlare, ascoltando i nostri respiri.
    Restammo così, in silenzio, per alcuni minuti . Mamma iniziò quindi a muoversi senza sosta, sfiorandomi di tanto in tanto.
    Cambiava continuamente posizione: di pancia , di schiena, di lato , e i suoi forti sospiri , accompagnati da sbuffi impazienti, mi fecero comprendere che il sonno faticava ad arrivare.
    Dissi l’unica cosa mi sembrasse accettabile :
    -Se vuoi mamma… se non riesci a prender sonno…puoi avvicinarti…puoi abbracciarmi…,-balbettai.
    Nessuna reazione.
    Tentai , col cuore impazzito e la gola riarsa.
    Mi avvicinai a lei e, con gesto protettivo, le passai il braccio destro sotto la nuca, mentre l’altro si posava sulla sua spalla .
    Lei tacque ma ,voltandosi, si raggomitolò contro il mio corpo.
    Il suo calore mi invadeva l’anima : l’aroma di vaniglia della pelle , al buio, mi ricordò ancora più violentemente , come un pugno in pieno stomaco, la situazione carica di aspettative che stavo vivendo.
    Allontanai leggermente il bacino dalle sue ginocchia , che stavano lambendo i miei pantaloncini, affinché non avvertisse il membro eretto.
    “Che faccio?”, pensai disperato e felice a un tempo, “con una mossa troppo azzardata mando tutto a puttane !”
    La presi alla larga ,aspettando qualche idea risolutiva.
    Abbassai il braccio sinistro e , dalla sua spalla,lo portai a contatto dell’ avambraccio.
    Iniziai a massaggialo delicatamente: sentivo la sua carne morbida ed elastica cedere leggermente al contatto delle mia dita , mentre la pelle, setosa e perfetta, mi trascinava con la mente verso ben altre intimità celate.
    L’erezione divenne dolorosa e incontrollabile. Dovevo osare. Divenni temerario : meglio un rifiuto e tutte le possibili conseguenze del mio gesto, che quella tortura.
    Portai la mano sul suo fianco e, quando dopo qualche secondo gliela posai sulla natica, il cuore mi si fermò.
    -Ma che cazzo stai facendo!- sibilò allontanandosi, -sei impazzito , cretino…!
    Iniziai a piangere sommessamente, i singhiozzi che di tanto in tanto mi scuotevano.
    Fu un pianto sincero .Temevo di aver lacerato irreparabilmente il legame che ci univa, di aver tradito il suo amore disinteressato di madre.
    E fu sincera anche la confessione che , tra le lacrime, le resi.
    -Perdonami mamma, ti prego,- balbettai singhiozzando, -sono impazzito …sono impazzito per te!.
    Mia madre mi stava scrutando con uno sguardo in cui la rabbia e la curiosità si mescolavano, e non riuscii ad indovinare quale delle due prevalesse.
    -Ho sbagliato , perdonami, ma il tuo contatto…la tua vicinanza…non ho resistito .Lo so , siamo madre e figlio, è…è mostruoso quello che ti ho fatto !
    Lei taceva.Vedevo la rabbia svaporare lentamente dai suoi occhi, mentre una curiosità malsana vi prendeva posto.
    Ne fui incoraggiato , e tentai di indebolire le sue legittime resistenze, di violare il più invalicabile dei tabù.
    Cercai malignamente di farla sentire in colpa , stimolando al contempo la sua vanità.
    -Mamma-, le dissi con voce improvvisamente ferma, per dimostrarle la mia sincerità e affinché comprendesse che ormai per me non c’era più nulla da perdere,- io sono pazzo…no meglio, io sono malato.
    Fece per interrompermi , ma aprì solamente la bocca senza dir nulla,inebetita.
    -Sì, sono malato,- le sussurravo. Le parole uscivano spontanee ed incontrollate dalla mia bocca ,quasi stessi parlando nel sonno. Tutte le frasi banali che nel pomeriggio avevo pensato di dirle si dissolsero. Solo il cuore e l’ istinto mi guidarono , nostri unici fari nelle burrasche della vita.
    -Sono malato per colpa tua!- le dissi alzando improvvisamente il tono della voce. -Io impazzisco quando penso agli uomini che vengono a casa…che ti scopano …sì ti scopano…e non ti amano…solo per soldi !- , continuai serrando i pugni.
    -Tu non pensi a me, - le rinfacciai,-non pensi a quello che soffro nel vedere mia madre fare questo.
    Poi , un paio di mesi fa ,ti ho sentito per la prima volta mentre stavi con un cliente, l’ ingegner M******i…ti ricordi?
    Mamma annuì . Le leggevo sul viso una luce di comprensione nei miei confronti che mi diede la forza di continuare , quando mi stavo rassegnando all’ inutilità delle mie parole.
    -Quella sera sono uscito di testa!- proseguii rabbioso. -Ti sentivo gemere e divertirti con quel porco, e poco prima mi avevi quasi cacciato…io che sono l’unica persona che veramente ti vuol bene!
    Lessi il dispiacere nei suoi occhi e ne approfittai, rivelandole il mio segreto più inconfessabile.
    -Tu sei così bella, mamma ,- sussurrai sospirando,- e per questo tutti gli uomini ti desiderano…ma non ti amano. Anch’ io ti desidero mamma , anche se sono tuo figlio. Lo so, sono una bestia, sono malato ,ma non ne ho colpa… però ricorda che sono anche l’ unico che ti ama…-, terminai, riprendendo a singhiozzare.
    Mia madre , pallida e dubbiosa, mi osservava.
    Compresi che due forze opposte si stavano dando battaglia nel suo cuore :la repulsione e l’incredulità per la mia rivelazione da un lato , l’ affetto profondo che tutto perdona dall’ altro.
    Quando finalmente parlò ,capii che il secondo aveva vinto.
    -Beh, se pensi davvero questo ,-balbettò,-beh ecco…mi concedo a tanti uomini ...mi sembrerebbe mostruoso se rifiutassi l’unica persona che mi ama veramente, come hai detto tu, anche se è mio figlio…
    Mi prese la mano e mi sorrise :compresi di aver vinto.
    Avvicinai timoroso la bocca alla sua, parendomi impossibile ciò che stava avvenendo tra noi.
    Forzai leggermente le sue labbra e vi introdussi la lingua, che si allacciò alla sua in danze proibite.
    Iniziai , un po’ brutalmente, a svestirla.
    -Piano amore ,- disse lei sorridendomi ,- c’e tutto il tempo.
    -Sei così bella ,- le mormorai all’ orecchio,- mio Dio impazzisco!.
    Si tolse lentamente la vestaglia. Trasalii, impaurito ed attratto da quel superbo corpo.
    Vidi la sua pelle d’un bianco cangiante , perfetta e liscia come marmo. I piccoli e svettanti seni dai rosei capezzoli. Le cosce carnose e forti ,con un particolare che rese dolorosa la mia erezione:la destra ,poco al di sotto dell’ inguine, recava un nero serpente attorcigliato che si mordeva la coda, un tatuaggio che non le avevo mai notato. Ed infine , tra le gambe socchiuse , mi abbagliò il suo fiore proibito , implume, dagli accesi petali rossastri.
    -Vieni bimbo ,- sussurrò sorridendomi e spalancando le cosce.
    Tolsi in fretta i pantaloncini , liberando la mia verga bruciante, e feci per penetrarla.
    -Aspetta ,- mi disse piano,- facciamolo bene…prima lecca un po’ la micetta alla tua bella mammina… vuoi?
    Le sorrisi e mi abbassai al suo pube. Iniziai a lavorare la carnosità elastica delle labbra , trovando ben presto, all’ interno, il piccolo bottoncino fonte del suo piacere: iniziai a titillarlo piano con la lingua ,come un gattino assetato.
    Lei si contorceva come una biscia , ansimando .
    -Così Davidino ,- gemeva ,-così bambino mio…più forte, ancora!
    Frullai la lingua nel suo tiepido nido per più di dieci minuti : finalmente alcune scosse la sconvolsero e , inarcando la schiena, gemendo, mi inondò il viso col suo profumato nettare.
    -Adesso tocca a te bimbo ,- disse con voce arrochita dal piacere .
    Mi fece scendere dal letto e mi si inginocchiò davanti. Il mio bastone di carne , le grosse vene in rilievo , dondolava piano davanti al suo sorriso. Cominciò a “lavorarlo” lentamente: la punta della lingua , leggermente ruvida , massaggiava piano i testicoli, per poi risalire lentamente l’asta e soffermarsi sul glande, teso e pulsante.
    -Mhh…così, sì , mamma…,-mormoravo in delirio ; e il sentirmi pronunciare la parola “mamma” raddoppiava perversamente il mio piacere.
    Mia madre improvvisamente si arrestò, e dopo aver morso teneramente la sommità del fallo, lo ingoiò alla radice. Non feci in tempo a sentire il suo naso contro lo stomaco : aveva già iniziato a muovere rapidamente la testa , ingoiando e rilasciando il mio membro ormai teso all’inverosimile.
    Abbassai lo sguardo : incontrai gli occhi di mamma che mi sorridevano , mentre la mia verga ,che le strappava gemiti strozzati a causa delle consistenti dimensioni, usciva e rientrava velocemente nella sua gola, lucida di saliva.
    Quando iniziò ad ingoiare la mia asta così profondamente che il mio glande oltrepassava abbondantemente l’ugola , capii che non avrei resistito oltre , se avesse continuato.
    -Mamma…fermati,- mormorai piano , con gli occhi chiusi,- aspetta…così mi fai venire…
    Si ritrasse piano, seria in volto, mordicchiando delicatamente l’asta tesa allo spasimo.
    Dopo essersi sdraiata languidamente spalancò le cosce, ancora lucide di umori, sussurrandomi con voce velata:
    -No amore , aspetta. Ti voglio dentro…vieni qui , sbattiti un po’ la tua mamma prima…
    Mi inginocchiai tra le sue gambe che si dischiusero completamente, pronte ad accogliermi.
    Prese la verga con la mano destra , sorridendomi maliziosa, e la guidò verso il suo caldo nido.
    Entrai in lei con un unico, fluido movimento di bacino, arrivando ben presto alle sue carni più celate.
    Il membro bruciava nelle profondità materne, immerso nei suoi bollenti balsami.
    -Oddio mamma,- grugnivo estatico, -è…è meraviglioso…solo adesso mi sembra di iniziare a vivere…
    -Mmh…così cucciolo ,- ansimava lei , il volto acceso,- scopa la tua mamma, è quello che più desideravi, no?
    Al sentirle rammentare il nostro legame di sangue , il piacere si faceva quasi insopportabile, doloroso ; poiché ero conscio del fatto che si sarebbe comunque spento, una volta saziata la mia verga,e che mai più avrei provato una gioia paragonabile a quella prima volta con mia madre.
    La cavalcavo dolcemente, assaporando il più possibile il piacere che provavo nell’ affondare il membro nelle sue carni torride, che lo fasciavano con la loro cedevolezza.
    -Più forte, cucciolo,- iniziò a bisbigliarmi all’orecchio, -scopami più forte , non aver paura, mamma è così accogliente…
    A quelle parole ribollii. Presi a possederla con foga , quasi con violenza direi,eccitato dalle sue urla strozzate e dal rumore secco, intermittente, prodotto dai testicoli contro le sue candide natiche.
    -Così , sbattimi così , come una cagna !- iniziò ad urlare all’ improvviso , sfogando così tutto il piacere che quasi le deformava il viso , contratto dal godimento.
    Aumentai il ritmo , accorgendomi però di essere prossimo al capolinea.
    -Ma…mamma…sento che sto…posso…posso venirti dentro …,-balbettai affannosamente.
    A quelle parole mia madre mi respinse dolcemente, evitando così l’eiaculazione.
    -Aspetta amore , quanta fretta,- mi sussurrò scherzosamente, -non vuoi provare prima il sederino della tua mammina?
    Niente quella notte mi sarebbe stato negato. Assaggiai ogni portata di quel banchetto proibito.
    Si mise carponi , rivolgendo verso il mio volto estatico il suo scultoreo fondoschiena.
    -Non sarà meglio lubrificarlo un po’, prima- le dissi, ingenuamente preoccupato.
    -Non ti preoccupare cucciolo,- rispose soffocando una risatina,- basterà un po’ di saliva, sono così ospitale…sai…,- .E immediatamente ne fece colare una lunga bava sul mio glande impazzito.
    Puntai l’asta fumante all’imboccatura dello sfintere materno , d’un pallido rosa, graziosamente pieghettato e assolutamente glabro. Penetrai lentamente , ma senza mai fermarmi, nell’ ardente budello : le tiepide viscere di mamma stringevano amorevolmente l’ affamata verga, che scivolò al loro interno finché il mio corpo premette violentemente contro il suo , con uno schiocco secco che mi ricordò una nerbata.
    Le presi i seni tra le mani, e impastandoli con voluttà iniziai a montarla con maggior foga.
    -Mmh cucciolo, continua così…bravo…ti piace il culetto della mamma, vero?-mormorava lei, cercando di reprimere le urla del piacere che la stava soggiogando.
    -Mi fai morire cagna ,-le rispondevo io col fiato corto, sudato, mentre le torturavo i seni .
    La sua bianca schiena era inarcata nel godimento, con i piccoli dischi della colonna vertebrale in rilievo: la verga entrava ed usciva veloce dalle profondità materne, viscida e sporca , con un suono
    come di carne percossa, che aumentava a dismisura il mio piacere.
    Avvertii di essere prossimo all’orgasmo : non volli però raggiungerlo in quel modo, volevo guardarla negli occhi.
    -Mamma,- le dissi con voce ferma uscendo dal suo corpo, sapendo che tutto mi era concesso ,-voglio venire dall’altra parte…non nel culo…
    -Sì amore, tutto quello che vuoi , non c’e problema. Vieni nella passerina della tua mamma…,- disse sdraiandosi con un sorriso, spalancando le cosce.
    Scivolai furiosamente in lei, ormai al limite della sopportazione.
    La penetrai violentemente : posò i piedi sui miei polpacci e iniziò ad assecondare i fendenti mugolando piano, stringendomi con forza le anche tra le ginocchia.
    Era umanamente impossibile resistere oltre: pochi secondi ancora e sentii il caldo seme, impaziente, gorgogliare nei testicoli.
    Gli affondi si fecero più violenti. Mamma gemeva sempre più forte, graffiandomi la schiena con le unghie, cercando di reprimere grida d’estasi.
    -Vengo…adesso!- urlai, sentendo lo sperma risalire lungo l’asta purpurea.
    Tremando, squassato dal piacere, le inondai il grembo di nettare bollente.
    Restai in lei , esausto e felice, per alcuni minuti. Ci baciavamo piano, sorridendoci amorevolmente.
    -Ti va una doccia ,cucciolo?- mi propose finalmente, oppressa dal mio peso.
    Annuii e, senza dir nulla, ci spostammo in bagno, nudi ed appagati.
    Iniziammo ad insaponarci piano, scambiandoci di tanto in tanto dei baci appassionati, che suggellavano la nostra unione.
    Dopo pochi istanti, inevitabilmente, la mia verga si risvegliò.
    -Oh…il mio lupetto ha ancora fame,- disse mia madre ridendo piano,quasi inorgoglita. -Adesso ti sfamo io,- proseguì, inginocchiandosi davanti all’asta che le sfiorava le labbra.
    La ingoiò piano, assaporandone ogni centimetro, mentre mi guardava negli occhi: arrivò a lambire , con la sua linguetta mobilissima, lo scroto rigonfio.
    Il suo cadenzato andirivieni non durò a lungo.
    Istintivamente le presi la testa tra le mani e, tenendola ferma ,iniziai a possederla in bocca con profondi movimenti di bacino.
    Lei , quasi soffocata dalla verga impaziente, lasciò fare, approfittando di qualche mio rallentamento per respirare.
    Con gli occhi chiusi , immerso nel godimento, ripensai fulmineamente alla nottata appena vissuta, come in un flash-back.
    L’eccitazione divenne incontrollabile: affondai il più possibile il fallo nell’ardente bocca di mamma, raggiungendo per la seconda volta il sommo piacere.
    Ella si ritrasse lentamente, fissandomi seria.
    Aprì la bocca e in fondo , appena sotto l’ ugola, vidi una viscida massa biancastra che le tremolava leggermente sulla lingua. Mi sorrise languida, e con gesto volutamente accentuato l’ingoiò.
    -Mmh… adesso ho assaggiato tutto del mio bambino-, mi sussurrò con voce velata , il leggero trucco disfatto, sorridendomi maliziosamente.

    *****


    Mezz’ora dopo , sazi d’amore e di carezze, rientrammo in camera, avvolti in morbidi accappatoi. La mia mente , mentre ci sistemavamo nel lettone, era un turbinio di pensieri. Vi si affollavano in modo caotico, senza che nessuno riuscisse a prevalere sugli altri.
    “Da questa notte la mia vita cambierà”, gongolavo ebbro di gioia. “Mia madre, quando lo vorrò, sarà mia. Il grande passo ormai è stato fatto. Certo …il suo lavoro…non so nemmeno io se voglio veramente che smetta di farlo, dopotutto è quello che ci permette una vita agiata,ricca direi…”
    Stavo fantasticando su queste cose, dibattuto tra il desiderio di essere l’unico a possedere mia madre e l’attaccamento agli agi che la sua professione ci consentiva, quando mamma interruppe bruscamente il corso dei miei pensieri.
    -Ah , sono duecento euro…-, disse fissando il lampadario, -ti ho fatto anche un piccolo sconto…perché sei tu. Ma non c’è fretta, non ti preoccupare…me li darai domattina.
    Mi augurò un po’ freddamente la buonanotte, e voltandosi dall’altra parte spense la luce.

    FINE

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